Campo del sangue

"Ma qual è il vero obiettivo? Auschwitz? Perché Auschwitz? Solo perché mia madre ha rischiato di finirci? Oppure perché, da un paio di anni, leggo quasi soltanto libri sui campi di concentramento? Perché ho letto Levi, Antelme, Borowski, Semprun, Todorov, Herling, Sereny, Solzenycin, Bauman, Bettelheim, Marrus, Sinjavskij, Salamov, Améry, Wiesel e tutti gli altri?" Nel tentativo di rispondere a queste domande, personali e collettive, Eraldo Affinati ha intrapreso un viaggio di conoscenza e di coscienza verso l'incommensurabilità del Male. Compiuto per gran parte a piedi, il percorso tra Venezia e Auschwitz rappresenta anche l'itinerario simbolico di una cultura romantica che dalle suggestioni di una laguna di acque, di marmi e di merletti pre- cipita nel buco nero dei fili spinati e delle baracche, nelle pianure dell'Europa centrale. Accompagnato da un amico poeta, nel viaggio l'autore si sente guidato dai protagonisti della sua formazione umana e culturale: il nonno partigiano, la madre sfuggita alla deportazione, gli autori più amati, i testimoni del massacro. Seguendo le orme, vere o presunte, delle vittime e dei carnefici Affinati conquista, cinquanta anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale, il ritardo indispensabile per avvicinarsi a quanto accaduto e, in un certo senso, farsene carico. Campo del sangue, che di questa esperienza integrale costituisce la sintesi diretta, alterna diario e memoria, racconto e vicende famigliari, riflessione etico-politica e interrogativi religiosi. Il lettore ha la possibilità di gettare uno sguardo, nell'ottica dello sterminio novecentesco, sulla voragine della natura umana, scoprendo, accanto ai fantasmi di un passato che ancora ci ossessiona, le carte necessarie a capire il secolo più sanguinario della nostra storia.

 
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